PER SMENTIRE LA TRADIZIONE
In genere si inizia un nuovo anno augurandosi che tutto proceda nel migliore dei modi, e comunque meglio dell’anno precedente.
Purtroppo, per quello che ci riguarda, non riesco ancora a convincermi che sarà così.
Ma resta sempre l’ottimismo della volontà: quindi... proviamoci !
Comunque.. di nuovo auguri !
Ho avuto alcune discussioni e alcune richieste relative al problema della cancerogenicità dei rifiuti contenenti oli minerali e prodotti petroliferi.
Premetto subito che non intendo offrire un parere definitivo, ma, piuttosto, aprire una discussione
Intanto vorrei dire subito che la cancerogenicità NON è una caratteristica rilevante per la normativa sul trasporto di merci pericolose: un rifiuto contenente prodotti cancerogeni, ma che non è infiammabile o tossico o inquinante per l’ambiente, ecc., non è (salvo poche eccezioni: amianto, PCB, PCT) pericoloso ai fini del trasporto.
Per quanto riguarda invece la classificazione dal punto di vista della gestione dei rifiuti, mi sembra che la situazione sia la seguente:
Un rifiuto è classificato come “cancerogeno” se contiene una sostanza riconosciuta come cancerogena in concentrazioni superiori a:
- 0,1 % (se la sostanza cancerogena è di categoria 1 o 2)
- 1 % (se la sostanza cancerogena è di categoria 3)
come risulta dal punto 4 dell’Allegato A alla Direttiva 9 aprile 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
Il punto di partenza dovrebbe quindi essere quello di verificare se gli oli minerali e i prodotti petroliferi contenuti nel rifiuto sono classificati come cancerogeni o meno
In una situazione “ideale” si dovrebbe:
- conoscere le sostanze (o preparati) che vengono lavorate e/o prodotte (e che possono quindi essere presenti nei rifiuti)
- avere a disposizione le schede di sicurezza, dalle quali poter ricavare l’indicazione se tali sostanze siano o no classificate come cancerogene
- per le sostanze cancerogene, stimare se la loro concentrazione nel rifiuto sia o no superiore ai valori sopra indicati
Dal punto di vista pratico:
- la conoscenza, in termini di classificazione come cancerogene, delle sostanze che vengono lavorate o prodotte non dovrebbe costituire un problema insormontabile (disponibilità delle Schede di Sicurezza);
- la stima della concentrazione di tali sostanze nei rifiuti prodotti non è certo facile, potendo variare dal 100% (nel caso di puri e semplici residui di materia prima) a percentuali bassissime: ma anche questo problema, adottando cautelativamente stime grossolane (magari supportate da un’analisi a campione), non dovrebbe essere insormontabile.
Un problema più complicato può porsi nel caso che nel rifiuto siano presenti uno più componenti cancerogeni, classificati come tali in quanto a loro volta contenenti sostanze cancerogene in concentrazioni superiori ai limiti sopra indicati. In tali casi ci si può chiedere:
- come considerare la presenza di diverse sostanze cancerogene (si sommano le loro concentrazioni ?)
- come valutare la concentrazione di un cancerogeno, che a sua volta è una miscela contenente un cancerogeno (far giocare due volte il fattore concentrazione ?)
Qualcuno mi ha anche indicato, come una possibile strada da seguire, quella di far riferimento, per valutare la presenza di componenti cancerogeni, alla presenza di “marker” di cancerogenicità (ad esempio il benzene).
Forse un confronto fra le soluzioni adottate da quante/i hanno avuto a che fare con questi problemi può aiutarci a trovare una posizione condivisa.
Un invito dunque a mandare i vostri i commenti.
Purtroppo, per quello che ci riguarda, non riesco ancora a convincermi che sarà così.
Ma resta sempre l’ottimismo della volontà: quindi... proviamoci !
Comunque.. di nuovo auguri !
Ho avuto alcune discussioni e alcune richieste relative al problema della cancerogenicità dei rifiuti contenenti oli minerali e prodotti petroliferi.
Premetto subito che non intendo offrire un parere definitivo, ma, piuttosto, aprire una discussione
Intanto vorrei dire subito che la cancerogenicità NON è una caratteristica rilevante per la normativa sul trasporto di merci pericolose: un rifiuto contenente prodotti cancerogeni, ma che non è infiammabile o tossico o inquinante per l’ambiente, ecc., non è (salvo poche eccezioni: amianto, PCB, PCT) pericoloso ai fini del trasporto.
Per quanto riguarda invece la classificazione dal punto di vista della gestione dei rifiuti, mi sembra che la situazione sia la seguente:
Un rifiuto è classificato come “cancerogeno” se contiene una sostanza riconosciuta come cancerogena in concentrazioni superiori a:
- 0,1 % (se la sostanza cancerogena è di categoria 1 o 2)
- 1 % (se la sostanza cancerogena è di categoria 3)
come risulta dal punto 4 dell’Allegato A alla Direttiva 9 aprile 2002 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio
Il punto di partenza dovrebbe quindi essere quello di verificare se gli oli minerali e i prodotti petroliferi contenuti nel rifiuto sono classificati come cancerogeni o meno
In una situazione “ideale” si dovrebbe:
- conoscere le sostanze (o preparati) che vengono lavorate e/o prodotte (e che possono quindi essere presenti nei rifiuti)
- avere a disposizione le schede di sicurezza, dalle quali poter ricavare l’indicazione se tali sostanze siano o no classificate come cancerogene
- per le sostanze cancerogene, stimare se la loro concentrazione nel rifiuto sia o no superiore ai valori sopra indicati
Dal punto di vista pratico:
- la conoscenza, in termini di classificazione come cancerogene, delle sostanze che vengono lavorate o prodotte non dovrebbe costituire un problema insormontabile (disponibilità delle Schede di Sicurezza);
- la stima della concentrazione di tali sostanze nei rifiuti prodotti non è certo facile, potendo variare dal 100% (nel caso di puri e semplici residui di materia prima) a percentuali bassissime: ma anche questo problema, adottando cautelativamente stime grossolane (magari supportate da un’analisi a campione), non dovrebbe essere insormontabile.
Un problema più complicato può porsi nel caso che nel rifiuto siano presenti uno più componenti cancerogeni, classificati come tali in quanto a loro volta contenenti sostanze cancerogene in concentrazioni superiori ai limiti sopra indicati. In tali casi ci si può chiedere:
- come considerare la presenza di diverse sostanze cancerogene (si sommano le loro concentrazioni ?)
- come valutare la concentrazione di un cancerogeno, che a sua volta è una miscela contenente un cancerogeno (far giocare due volte il fattore concentrazione ?)
Qualcuno mi ha anche indicato, come una possibile strada da seguire, quella di far riferimento, per valutare la presenza di componenti cancerogeni, alla presenza di “marker” di cancerogenicità (ad esempio il benzene).
Forse un confronto fra le soluzioni adottate da quante/i hanno avuto a che fare con questi problemi può aiutarci a trovare una posizione condivisa.
Un invito dunque a mandare i vostri i commenti.
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