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mercoledì, gennaio 10, 2007

SANITA’ E RIFIUTI

Sanità e rifiuti: due argomenti che occupano molto spazio sui giornali e nelle trasmissioni TV.

Pur senza voler alimentare l’incendio, mi chiedo: qualcuna/o ha mai controllato se i rifiuti che escono dagli ospedali per essere trasportati altrove sono, se non esenti dall’ADR, correttamente classificati in classe 6.2 con i numeri ONU 2814 (per la Categoria A) o 3291 (per la categoria B) e, conseguentemente, imballati secondo le istruzioni di imballaggio P620 (per la Categoria A) o P621, IBC620, LP 621 (per la categoria B) ?

E mi chiedo anche: per i rifiuti contenenti materie infettanti della Categoria A, nessun problema ad imballarli secondo l’istruzione di imballaggio P620 ?

4 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

da consulente ADR per alcuni ospedali:
- asseriscono e dichiarano che mai e poi mai dovranno trasportare materie infettanti di categoria A;
- sfruttano il fatto che i ceppi isolati non sono definiti "colture ai sensi dell'ADR "2.2.62.1.3 (la definizione .. non comprende le colture destinate a fini diagnostici e clinici).
Quindi: tutto sotto il 3291, o per quanto riquarda i campioni per diagnoso, sotto 3373
Omar

16 gennaio, 2007 08:56  
Blogger roberto.canta@poste.it ha detto...

Dopo giornali e TV... ritengo che pochi ospedali controllano che i propri rifiuti siano imballati e trasposrtati secondo le norme sanitarie e delle merci pericolose (ADR RID IMDG);infatti si sono visti contenitori di cartone, contenitori non a tenuta e via dicendo comunque in pessime condizioni.L'istruzione di imballaggio P621 (applicabile al numero ONU 3291 parla (o meglio scrive) chiaro "IMBALLAGGI RIGIDI A TENUTA".Circolano certificati di omologazione di imballaggi che vengono spacciati per buoni nel campo sanitario ma spesso ci si dimentica del D.P.R.254 15.07.2003 dove all'art.8 viene descritto il tipo di contenitotre per i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo

25 gennaio, 2007 17:14  
Anonymous Anonimo ha detto...

A conferma di quanto detto dal collega Consulente dott. Sozzi, ribadisco che le direzioni mediche di presidio delle “normali” strutture sanitarie dichiarano l’inesistenza dei microrganismi appartenenti alla categoria A di cui al 2.2.62.1.4.1, anche in virtù della definizione di colture data dall’ADR che non riguarda i campioni prelevati da pazienti umani per attività diagnostica, di indagine, trattamento e prevenzione (cioè le attività di laboratorio e microbiologia delle strutture sanitarie). Infatti, gli agenti patogeni della categoria A elencati a titolo esemplificativo dall’ADR corrispondono prevalentemente a quelli appartenenti al gruppo 4 e alcuni del gruppo 3 di cui all’art. 75 del D.lgs 626/94. Ad esempio, nei casi di “utilizzo” di agenti patogeni del gruppo 4 è necessaria prima l’autorizzazione del Ministero della sanità e poi la comunicazione all’organo di vigilanza competente (sono compresi i laboratori che forniscono i servizi diagnostici). Sempre nel caso di agenti biologici del gruppo 4 (alias Categoria A dell’ADR) il Ministero della sanità comunica all’organo di vigilanza le autorizzazioni concesse e istituisce un elenco aggiornato. Si presume pertanto che qualora si trattassero agenti biologici di tale entità il fatto non debba sfuggire anche per il trattamento dei rifiuti. Infatti, nei casi in cui ci fosse produzioni di rifiuti contaminati da agenti biologici del gruppo 4 sempre il Titolo VIII del D.lgs 626/94 prevede, come misura di contenimento, la sterilizzazione dei rifiuti che presuppone quindi la consapevolezza della pericolosità del rifiuto. Inoltre, se la sterilizzazione fosse effettuata all’interno della struttura stessa che produce i rifiuti è ovvio che a seguito di tale trattamento i rifiuti non sono più sottoposti alle prescrizioni dell’ADR salvo non siano riscontrabili caratteristiche per l’inclusione in un’altra classe (ADR 2.2.62.1.11.3).
Ricordo inoltre che secondo quanto stabilito da una nota introdotta dall’ADR 2007 i rifiuti medici assegnati al codice CER 18.01.03 e 18.02.02 (cioè quelli a rischio infettivo) devono essere classificati sulla base di diagnosi medica o veterinaria riguardante il paziente o l’animale. Tale responsabilità nell’identificazione e segnalazione di agenti patogeni con alto rischio di infezione è evidentemente confermata anche dal D.lgs 626/94 e compete al datore di lavoro.
Nonostante ciò ritengo che il dubbio e una costante attenzione al riguardo siano più che leciti vista la modesta attenzione alla normativa ADR e la rarefatta applicazione del D.Lgs 40/2000 (nomina del Consulente ADR) da parte delle strutture sanitarie che imballano e spediscono rifiuti pericolosi ben assortiti tra le diverse classi di pericolo. A tal proposito, ricordo che un notevole contributo a tale inottemperanza lo ha fornito la circolare interpretativa congiuntamente formulata dai Ministeri dell’ambiente e della salute del 6/9/2004 che, sconsideratamente, banalizza la nomina del Consulente come una “scelta discrezionale” della struttura sanitaria. Ci si può dunque domandare come possa il responsabile della struttura intervenire con scelte coerenti alle prescrizioni previste per l’imballaggio e la spedizione di merci pericolose senza il supporto di un Consulente ADR.

01 febbraio, 2007 15:29  
Anonymous Anonimo ha detto...

Leggo solamente adesso questo blog ed occupandomi di rifiuti per una ausl mi domando:
1)la responsabilità del corretto imballaggio non sarebbe più sensato sia in carico dei trasportatori?
2)la figura del consulente ADR è obbligatoria per le ditte di trasporto: non è più logico utilizzare la competenza già presente inserendola nei capitolati d'appalto per i rifiuti?
Faccio presente che personalmente mi avvalgo in casi particolari della consulenza ADR che mi forniscono le ditte aggiudicatarie ed inoltre che, almeno negli ultimi anni ed in alcune realtà (vedi regione emilia-romagna nella quale lavoro), la costituzione di un gruppo regionale rifiuti sanitari con rappresentanti di tutte le ausl ha portato alla elaborazione ed alla approvazione di Linee guida regionali per la gestione dei rifiuti (Delibera della giunta regionale 9 ottobre 2006 n.1360)un buon esempio per verificare correggere e migliorare il rispetto delle normative ambientali

28 giugno, 2007 10:39  

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